Underground
Con un film che ripercorre quasi 50 anni di storia della vecchia Jugoslavia, Emir Kusturica conquista Cannes. Era il 1995 quando il regista di Sarajevo porta sul grande schermo la storia della sua terra, una commedia grottesca e disperata, che, ancora oggi, lascia non poche polemiche: Kusturica viene accusato di aver tenuto una posizione eccessivamente filo-serba. Underground, così battezza il suo capolavoro, racconta la grande amicizia tra il partigiano Marko (Miki Manojlović) e l’amico Blacky (Lazar Ristovski), entrambi di Belgrado, che durante la seconda guerra mondiale, convincono un gruppo di persone a loro vicine, a rifugiarsi in un sotterraneo per fabbricare armi destinate al mercato nero. Una pellicola fra le più importanti dell’ultimo trentennio che spiega come uno Stato, la Jugoslavia, si sia autodistrutto dall’interno. Un excursus di 50 anni continuamente in bilico tra il grottesco e la serietà, tra la commedia ed il dramma, tra il surreale ed il dilaniante. Kusturica ama miscelare stili completamente diversi, chiaramente ispirato al nostro Fellini ed al maestro Andrej Tarkovskij, mostrando tutta la sua contrarietà a mettere in scena l’encomio dei bagni di sangue serbi o dell’ultra-nazionalismo: è solo la semplice storia tragica di un Paese diviso e privo di eroi. In Underground tutto sembra essere pericoloso e cupo, e ciò rende irrequieti i protagonisti. E’ facile intuire come tutto sia una grande metafora: il fatto che Marko rinchiude il gruppo nel rifugio senza annunciare la fine della guerra, rappresenta il dominare un popolo con costrizione ed inganno. In pratica, quello che fa il protagonista non è altro ciò che ha fatto Tito con il popolo jugoslavo per oltre trent’anni. Si passa quindi da una guerra all’altra, ponendo l’accento sulla manipolazione, sulla passione e sul tradimento. Tutto il film è un’ubriacatura di immagini, colori e suoni, con la scoppiettante colonna sonora di Goran Bregovic a dettare un ritmo forsennato, tra fanfare tzigane e cocek da sballo. Tutto è eccessivo, barocco, straripante, una sovrabbondanza che, come nel miglior cinema felliniano, non soffoca la storia, ma ne diviene forza espressiva. Molte sequenze sono già entrate di diritto nella storia del cinema, a cominciare da quella iniziale: il bombardamento dello zoo di Belgrado con gli animali che vagano spauriti tra le macerie. Underground evidenzia, infine, due tratti distintivi ben precisi: l’uso di riferimenti mitologici, fatalistici, antropologici e nazionali sulle cause del conflitto e una struttura narrativa realizzata attraverso un dialogo permanente tra passato e presente. Pertanto, non possiamo non elogiare Kusturica per aver dato vita ad un’opera epocale capace di divenire uno spartiacque della cultura dei Balcani.
Trama – fonte: www.comingsoon.it
Nel 1941, a Belgrado, il “compagno” Marko – che insieme all’ingenuo e impetuoso Blacky si destreggia con scaltrezza contro i nazisti – accoglie alcuni rifugiati nello scantinato del nonno e li convince a fabbricare armi e altri prodotti destinati al mercato nero. Del gruppo fanno parte anche il giovane fratello di Marko, Ivan, e la moglie di Blacky, Vera, che muore dando alla luce un figlio, Jovan. Due anni dopo Blacky si esibisce nella più spettacolare delle sue azioni assaltando un teatro per rapire la giovane attrice di cui è follemente innamorato, Natalija. Arrestato da Franz, il protettore nazista della donna, Blacky sopporta orribili torture prima che Marko lo liberi per nascondere anche lui nello scantinato. Certo dell’assoluta fedeltà di Blacky, Marko non esita a tradirlo seducendo Natalija. Nel 1944 finisce la guerra: mentre nel sottosuolo si continuano a fabbricare armi, la Jugoslavia soccombe a un altro miraggio: il culto del dittatore Tito. Marko emerge come esponente del regime e Natalija diventa un idolo delle masse, mentre Blacky, che tutti credono morto, è onorato dalla nazione come eroe della Resistenza. La macchinazione viene scoperta nel 1961, durante il matrimonio di Jovan con Jelena, quando Natalija, ubriaca, rivela a Blacky il suo amore per Marko e l’inganno dell’amico. Blacky dà una pistola a Marko che inscena un simbolico suicidio, sparandosi alle gambe. Poi un’esplosione accidentale apre nello scantinato uno squarcio verso l’esterno. Emersi dal sottosuolo, Blacky e Jovan si trovano davanti un gruppo di nazisti. Blacky comincia a sparare all’impazzata, ignaro di essere capitato sul set di un film sulla sua vita, basato sui racconti fittizi di Marko. Mentre questi fugge insieme a Natalija attraverso il dedalo di tunnel che collegano le capitali d’Europa, Jovan annega nel Danubio inseguendo il miraggio della moglie. Nel 1991, dopo un lungo internamento in un ospedale psichiatrico, Ivan viene a sapere della macchinazione del fratello e del nuovo dramma della Jugoslavia. Servendosi della vecchia rete di tunnel torna in Slovenia dove Blacky dirige un commando militare. In un villaggio distrutto, Ivan si imbatte nel fratello, sempre coinvolto in discutibili traffici. Accecato dalla rabbia, Ivan lo picchia e poi, convinto di averlo ucciso, si impicca nel campanile di una chiesa. Sarà un anonimo soldato ad uccidere Marko e Natalija, mentre Blacky ne scoprirà i cadaveri illividiti. Tornato nello scantinato ormai abbandonato da trent’anni, Blacky, seguendo la voce del figlio morto, annega nel dedalo dei tunnel che sfociano sul Danubio, sulle cui rive “ritrova” con gioia tutte le persone, amate e disprezzate, che ha conosciuto in vita. Ora, nella morte, non c’è più rancore. Si beve e si balla tutti insieme, mentre un lembo di terra su cui tutti si trovano, si stacca dalla tormentata madrepatria.
Cast – fonte: www.comingsoon.it
Trailer
Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it
Il film ottenne la palma d’oro al miglior film al Festival di Cannes del 1995.
Curiosità – fonte: www.comingsoon.it
1 – La sceneggiatura del film, basata su un dramma di Dusan Kovacevic, è stata modificata per adattarla alle vicende del conflitto jugoslavo.