Hero

Hero

2002 ‧ Azione/Drammatico ‧ 1h 39m

Il regista Zhang Yimou dipinge la sua personale visione della nascita del grande impero cinese, proponendo al pubblico un capolavoro, un affresco in cinque colori: tutto il peso di un futuro migliore di un intero popolo sulle spalle di un’unica persona, una divinità, l’imperatore, un onore immenso fatto di sacrificio e sangue. L’incipit del racconto parte dai toni grigio scuri, molto cupi, dei Palazzi, continuando attraverso il rosso della passione ed il blue della cospirazione, culminando nel giallo della guerra. E’ lo sforzo fatto da Yimou, quello di rappresentare, attraverso l’aspetto cromatico, oltre alla società anche il contesto storico di un cosmo tutto made in cina. Hero è un wuxia, un eroe marziale, assolutamente astratto… stop motion temporali della durata di una goccia d’acqua che si frantuma al suolo, in cui l’azione si consuma… lente rievocazioni sulla sete di potere, sono il testamento di un completo distacco dal modello intimista e sentimentalista visto in “Lanterne Rosse“, fondamenta della rielaborazione più classica dell’ambientazione dell’epos cinese nel III secolo a.C. Un vero e proprio inno all’arte medio orientale caratterizzato dalla parte più pura della bellezza, del dolore, della profondità e grandiosità, ma anche dell’intrigo e della passione. Una poetica del tutto esplicita che si pone a confronto del “mestiere delle armi”, utilizzato per bilanciare, per dare equilibrio. L’arte della spada viene mostrata da Zhang Yimou, come pura espressione di sé, che paradossalmente priva il combattimento della sua componente violenta in quanto raggiunge il più alto stato di potere, il combattimento della mente. Una struttura circolare caratterizza questa magnifica opera della settima arte, rendendolo sottilmente seducente, così come altrettanto lo sono i silenziosi dialoghi segnati da passione e dramma, in cui è possibile cogliere la vera essenza dei protagonisti: Spada Spezzata, Neve che Cade, Cielo, Luna, Senza Nome. Veri e propri eroi senza tempo…

 

 


Trama – fonte: www.comingsoon.it

Più di duemila anni fa la Cina era divisa in sette regni che si combattevano tra loro senza tregua portando le popolazioni allo stremo. Durante il periodo dei cosiddetti Stati Guerrieri, il re di Qin era il più determinato tra i sovrani a conquistare tutta la Cina per diventarne il Primo Imperatore. Per questo numerosi killer, eroi solitari, avevano tentato nel tempo di colpirlo. Ma lui – che ne temeva sopratutto tre: Spada Spezzata, Neve che vola e Cielo – aveva promesso denaro e un’udienza con lui a chiunque li avesse sconfitti. Un giorno arrivò al palazzo Senza Nome recando le armi leggendarie di tutti e tre. Su richiesta del sovrano raccontò come era riuscito a vincerli ma il re aveva una storia diversa…


Cast – fonte: www.comingsoon.it


Trailer


Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it

Il film ottenne la candidatura come Miglior film straniero ai Premi Oscar del 2003.


Curiosità – fonte: www.1977magazine.com

1. La benedizione di Quentin Tarantino.
Quentin Tarantino presents” è ciò che si poteva leggere a chiare lettere sulla locandina di Hero quando il film uscì nelle sale occidentali. Da sempre appassionato di cinema asiatico, Tarantino deve molto alla tradizione cinematografica cinese di cui Hero è pronipote. Questa benedizione, sigillo di garanzia impresso a Hero appositamente per il pubblico occidentale, è l’ennesimo omaggio che il regista di Knoxville ha voluto porgere come ringraziamento nei confronti di quelle pellicole che lo fecero sognare da bambino. E ha dato i suoi frutti: la pellicola, super produzione cinematografica con il più ricco budget del cinema asiatico fino ad allora e distribuita da Miramax, è stata campione di incassi in tutto il mondo. Grazie Quentin.

2. Le scene di combattimento.
Dimenticatevi esplosioni, cazzotti ed effetti sonori alla Bud Spencer e Terence Hill; le scene di combattimento di Hero sono ciò che di più lontano ci si aspetterebbe da una lotta: sono un tripudio di leggerezza, calma e armonia immerso in ambientazioni oniriche e con un’attenzione maniacale all’uso del colore. Anzi, spesso i combattenti sono solo lo sfondo di quello che sembra essere il protagonista della narrazione: l’ambientazione. Per un pubblico non abituato a certe trovate tipicamente cinesi, alcune sequenze potrebbero risultare tanto esagerate da apparire paradossali; il rischio del comico involontario è sempre dietro l’angolo. Tuttavia, dimenticate le leggi della fisica e immergetevi nella meditazione (senza chiudere gli occhi, però, se no vi addormentate) nei paesaggi che Zhang Yimou ha creato, è il modo migliore per godere a pieno di questa pellicola.

3. La colonna sonora.
In cinese si dice “peiyue” (配乐), letteralmente “musica che si abbina”, termine che rende molto bene il ruolo della colonna sonora in questa pellicola: non ne è l’asse portante né l’elemento principale (come l’italiano “colonna sonora” suggerisce), ma si limita ad “abbinarsi” (pei 配) ai vari momenti della narrazione, con la quale si mischia, aiutandola a procedere. Le mosse dei combattenti sono scandite dai ritmi lenti e sinuosi degli strumenti tradizionali cinesi, e durante tutto il film è presente un tema musicale centrale che viene ripetuto nei momenti di massimo coinvolgimento emotivo – come avviene in quasi tutte le opere di Zhang Yimou. Musica e immagini danno vita a un’entità terza, di una caratura più alta della semplice somma delle parti che la compongono.

4. La tradizione calligrafica cinese.
La scena della pioggia di frecce è un’efficace metafora di quanto sia grande la tradizione dell’arte calligrafica in Cina. Monaci che, sotto una letterale pioggia di frecce scagliate dagli arcieri dell’esercito di Qin Shihuang (秦始皇) – per intenderci, il sovrano che fece costruire la grande muraglia e l’esercito di terracotta –, continuano a intingere le punte dei pennelli nell’inchiostro e a dipingere i complessi tratti dei caratteri, in rigorosa obbedienza agli ordini del loro maestro. È questa l’unica arma a loro disposizione per portare avanti la resistenza culturale contro l’invasione dell’esercito di Qin. Ogni carattere della lingua cinese porta infatti con sé un bagaglio culturale, una storia, una tradizione millenaria a cui difficilmente, nel corso della storia, i cinesi hanno rinunciato.

5. Il concetto di armonia.
Il finale a sorpresa che, tranquilli, non verrà spoilerato in questa sede, indica in maniera esemplare cosa voglia dire, da Confucio in poi, il concetto di armonia (hexie 和谐) per la società cinese. Nel finale di Hero la violenza è legittimata per stabilire l’ordine all’interno della Cina: il sacrificio di pochi singoli è funzionale alla stabilità dell’intero popolo, all’armonia delle masse a discapito dell’egoismo dei signori della guerra. Spendendo parole simili a queste spesso il governo cinese ha giustificato molte delle sue scelte, non sempre in linea con la dottrina democratico-liberale tanto cara a noi occidentali. Nella conferenza stampa di Hero Tony Leung (liang chao wei 梁朝玮) – interprete di Spada Spezzata – afferma: “Condivido i valori di pace e di umanità di questo film, per esempio durante gli incidenti del 4 giugno 1989 io non partecipai alle manifestazioni, perché ciò che fece il governo cinese era giusto: mantenere la stabilità nell’interesse generale e per il bene di tutti”. È singolare che un messaggio così marcatamente filo-governativo sia stato veicolato proprio da Zhang Yimou, regista i cui film spesso non sono stati approvati dal potere centrale e che vennero anzi in certi casi banditi. Ennesima contraddizione che, insieme a mille altre, forse per prima spinge sempre più occidentali a buttare un occhio dall’altra parte della muraglia, a tentare di scoprire un Paese che, per quanto lontano, negli ultimi dieci anni ha fatto cadere ogni certezza di strapotere a noi occidentali, ci ha svegliato dal sogno americano e ci sta obbligando a fare i conti con lui.


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