Frankenstein Junior
Un capolavoro del genere horror-comedy che continua a divertire, appassionare ed intrattenere il grande pubblico, grazie alla sottile ironia e grande maestria di Mel Brooks e del suo geniale amico ed interprete principale Gene Wilder. Frankenstein Junior si annovera a pieno titolo fra i film cult della settima arte, ma forse definirlo tale potrebbe essere addirittura riduttivo. Le performance di Gene Wilder e Marty Feldman guidano un manipolo di personaggi i cui interpreti calzano alla perfezione: citiamo Peter Boyle, Madeline Khan e Gene Hackman fra i tanti e comunque, tutti insieme compongono un cast che sa dare vita sullo schermo a quella fanfara di strampalati figuri che Mel Brooks aveva in mente. Ad ogni modo, la pellicola non ebbe affatto vita facile, specie la traduzione delle sua sceneggiatura in altre lingue. Infatti, molte le difficoltà riscontrate per garantire il senso ludico e comico della lingua originale, in quanto l’artifizio del gioco di parole a tratti sarcastico e pungente, si perde nelle altre lingue. In particolare, in lingua italiana la resa è divenuta dubbia in alcuni casi, anche se è evidente quanto questo sia stato fatto per non stravolgere il testo originale, restando il più fedele possibile alla versione in lingua madre, anche se a pagare è stato il senso ritmico del dialogo stesso. La stessa celeberrima frase “Si può fare!” urlata dal dottor Frederick Frankenstein, con sguardo allucinato, non è espressa in lingua inglese con la medesima sicurezza del risultato conseguito. Infatti, la frase originale è “It could work!“, dunque un condizionale che indica una possibilità di riuscita… letteralmente “potrebbe funzionare!“. E ciò è voluto dagli autori, in quanto era necessario porre l’accento sulla realizzazione di un esperimento a dir poco insensato, poichè basato su intuizioni che portavano ad un risultato assolutamente dubbio. Insomma, un compito arduo per i traduttori! A fronte di tutto questo il film è stato, e continua ad esserlo, apprezzato in ogni dove, per cui il grande lavoro comico che c’è stato per realizzarlo, ha sancito una lavorazione scrupolosa che ha reso universale ed immortale un’opera profondamente radicata in terra britannica. Anche se è l’ennesima riproposizione della storia a firma di Mary Shelley, che ripercuote le orme del celeberrimo film “Frankenstein” di James Whale (1931), è chiaro l’intento degli autori di non essere alla ricerca di originalità nel tema portante, bensì di basarsi proprio su immagini e personaggi triti e ritriti, e di sconvolgerli completamente con i caotici meccanismi propri della comicità: ecco perchè Brooks ha inteso usare il bianco e nero corredato da una fotografia e da una regia in stile anni ’30. La storia, quindi, non vuole essere un capitolo scollegato, ma una creatura vivente e non originale… vi ricorda qualcosa? E dunque, il mimetismo registico (possiamo definirlo tale) e la raffinatezza stilistica chiaramente utilizzata, proiettano Frankenstein Junior fra le opere fondamentali da studiare per comprendere la genialità del genere comedy, a firma del grande Mel Brooks.
Trama – fonte: www.comingsoon.it
Frankenstein Junior è una commedia del 1974 diretta da Mel Brooks. In una New York degli anni trenta, il medico e famoso professore universitario Frederick Frankenstein (Gene Wilder), nipote del famigerato Dottor Victor von Frankenstein, ha cambiato la pronuncia del suo cognome sperando che passi inosservata la parentela con suo nonno, di cui Frederick rifiuta le teorie mediche ritenendole il parto di una mente folle. Tutto viene stravolto quando dopo una sua lezione di neurologia all’università, Frederick riceve la visita di un notaio che gli comunica di aver ricevuto in eredità dal nonno un castello in Transilvania. Incuriosito dal lascito, il professore parte immediatamente per la Romania dove fa subito la conoscenza di Igor (Marty Feldman), nipote dell’assistente del nonno che, ironizzando sulla fissazione del cambio di pronuncia di Frederick, insiste per farsi chiamare “Aigor”.
Il giovane Frankenstein fa anche la conoscenza della bella assistente Inga e dell’inquietante quanto misteriosa Frau Blucher (Cloris Leachman), il cui nome suscita terrore anche nei cavalli del castello. Frederick viene “ispirato” dal ritrovamento degli appunti del nonno e inizia a cercare di dare vita anche lui a una creatura. Dopo aver recuperato un cadavere e un cervello da inserire nel corpo, il giovane professore da inizio al suo progetto di resurrezione. La creatura però, avendo ricevuto un cervello “ABNORMAL” inizia a comportarsi in modo assurdo finché riesce a scappare dal castello. Durante la sua fuga, incontra una serie di persone, sperimenta il fuoco e, terrorizzato, viene ritrovato da Frederick e ricondotto al castello. Le vicissitudini del “Mostro” non sono finite, la sua paura del fuoco gli fa avere delle reazioni inconsulte che lo portano anche in carcere. Dalla prigione riuscirà poi ad evadere e durante la fuga incontrerà qualcuno in grado di cambiargli la vita. Nel frattempo il suo creatore, dopo aver compreso il dolore che la creatura ha dovuto sopportare per causa sua, tenterà di porre rimedio ai suoi errori…
Cast – fonte: www.comingsoon.it
Trailer
Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it
Il film ottenne due candidature ai Premi Oscar del 1975:
Nomination Miglior sceneggiatura non originale a Gene Wilder, Mel Brooks
Nomination Miglior suono a Gene S. Cantamessa, Richard Portman
Curiosità – fonte: www.nerdburger.it
1. CERONE.
Mel Brooks, regista e sceneggiatore, insieme a Gene Wilder, di Frankenstein Junior, voleva parodiare le atmosfere dei classici film dedicati a Frankenstein dalla Universal negli anni ’30: ha perciò deciso di girare in bianco e nero ed è andato alla ricerca di oggetti di scena utilizzati sui set di 40 anni prima. Ha fatto ricoprire di cerone blu-verde la faccia di Peter Boyle (la Creatura), così come si era soliti fare all’epoca dei Mostri della Universal, per accentuarne (su pellicola in bianco e nero) il colorito grigiastro.
2. PAZZO.
Gene Wilder (Frederick Frankenstein) e Mel Brooks hanno avuto un solo litigio durante la produzione del film. Ma è stato uno di quelli grossi, con urla e grida. E Brooks che se ne va dall’appartamento di Wilder, strepitando. Circa dieci minuti dopo, il telefono di Gene suona e, dall’altro capo, ecco la voce di Mel: “Chi era quel pazzo che era in casa tua? Potevo sentire le grida fin qui. Non devi fare entrar matti in casa, sai? Potrebbero essere pericolosi!”. Questo, come disse in seguito Gene, era “il modo in cui Mel si scusa”.
3. GARAGE.
Mentre si stava preparando per girare Frankenstein Junior, Mel Brooks scoprì che Ken Strickfaden, che aveva realizzato gli elaborati macchinari elettrici per le sequenze di laboratorio nei vecchi film di Frankenstein, era ancora vivo. Brooks visitò Strickfaden, che aveva immagazzinato tutte le attrezzature nel suo garage, e fece un accordo per affittare l’attrezzatura per il suo film. Ed ha concesso a Strickfaden i crediti nei titoli che non aveva ottenuto per i film originali.
4. GOBBA.
La gobba semovente sulla schiena di Igor è una gag sviluppatasi in corso d’opera. Marty Feldman (Igor) spostò di nascosto la gobba per diversi giorni, sul set, quando finalmente i membri del cast se ne accorsero. E la gobba mobile divenne storia.
5. AEROSMITH.
La band degli Aerosmith si prese una pausa, dopo una lunga session di registrazione notturna dell’album Toys in the attic, per vedere questo film. Steven Tyler ha scritto la hit Walk This Way la mattina dopo aver visto Frankenstein Junior, ispirato dalla scena in cui Igor, appoggiandosi al proprio bastone alla stazione, dice a Frederick: “walk this way” (che può significare “segua i miei passi” o anche “cammini in questo modo”). E pensare che Mel Brooks temeva che la gag fosse banale e voleva tagliarla dal montaggio finale. Ma si fidò della reazione divertita del pubblico, durante le proiezioni di prova.
6. CAMEO.
Gene Wilder avrebbe accettato di fare il film solo se Mel Brooks avesse promesso di non apparirvi. Brooks era solito fare dei cameo nei suoi film, ma Wilder sentiva che l’apparizione del regista avrebbe rovinato l’illusione. Mel si limitò ad alcuni cameo vocali, interpretando, ad esempio il lupo che ulula e la voce di Victor Von Frankenstein, quando Frederick visita il laboratorio. Ed ebbe il colpo di genio di imitare il verso di un gatto colpito, quando Gene Wilder tirò una delle sue freccette fuori dall’inquadratura. Wilder disse che aveva accettato di recitare in Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974) solo perchè Brooks promise di prendere parte al successivo progetto di Gene, che era Frankenstein Junior, appunto.
7. LADD.
Quando Mel Brooks disse alla Columbia Pictures che intendeva girare il film interamente in bianco e nero, si trovò a fronteggiare una tale opposizione, che si vide costretto a presentare il progetto, il giorno successivo, alla 20th Century Fox. Qui si era appena insediato Alan Ladd Jr., che, molto più accomodante, non ebbe problemi con questa idea. Alan Ladd Jr., qualche anno più tardi, si batterà strenuamente perchè la 20th Century Fox produca una space-opera di un giovane e visionario regista, di nome George Lucas… Sempre grazie 2 volte, Alan!
8. CHER.
Teri Garr ha inizialmente fatto un’audizione per il ruolo di Elizabeth, la fidanzata di Frederick, mentre Madeline Kahn era la candidata per interpretare Inga, l’assistente. Alla fine Kahn decise che avrebbe preferito interpretare Elizabeth, lasciando a Mel Brooks il compito di riassegnare il ruolo di Inga. Imperterrito, il regista chiamò Garr e le disse che, se fosse tornata il giorno dopo con un accento tedesco, gli sarebbe piaciuto darle la parte. Lei guardò Mel e disse: “Beh, zì, potrei fare accento tetesco domani, o potrei tornare qvi nel pomericcio”. E la parte fu sua. Teri ha dichiarato che ha basato il suo accento ispirandosi alla curatrice delle parrucche di Cher, con la quale aveva lavorato in The Sonny e Cher Comedy Hour, nel 1971 (la cui sigla finale era I got you babe, quella di Ricomincio da capo).
9. SANTO.
Il cervello che Igor viene mandato a rubare, è etichettato come appartenente a “Hans Delbrück – scienziato e santo”. Un Hans Delbrück è esistito realmente: si trattava di uno storico militare tedesco dell’Ottocento, professore all’Università di Berlino. Suo figlio Max Delbrück fu un biofisico del XX secolo, vincitore del Premio Nobel nel 1969.
10. ERASMUS.
L’esperimento menzionato dallo studente di medicina, durante la lezione di Frederick, secondo il quale Darwin ha conservato alcuni vermicelli in un liquido, fino a quando hanno preso vita, è descritto da Mary Shelley, nella prefazione al suo romanzo Frankenstein, o il moderno Prometeo. Il Darwin in questione era Erasmus Darwin, nonno del famoso Charles Darwin. Uno dei figli di Erasmus, anche lui chiamato Charles, morì di setticemia, dopo essersi ferito ad un dito durante una dissezione (non è noto se di un cadavere umano).
11. FRITZ.
Igor dice che suo nonno (anche lui chiamato Igor) lavorava per il nonno di Frederick. È interessante notare che, nel film Frankenstein (1931), il nome dell’assistente di Victor è Fritz. Igor non apparve fino a Il figlio di Frankenstein (1939), dove lavorò per il figlio del Dottore originale.
12. NOMINATIONS.
Ai Golden Globe Awards del 1975, Cloris Leachman (Frau Blücher) è stata nominata quale miglior attrice protagonista in una commedia/musical, mentre Madeline Kahn (Elizabeth) è stata nominata come miglior attrice non protagonista per il suo lavoro in Frankenstein Junior. Tuttavia, la Kahn ha uno screentime superiore, rispetto alla Leachman.
13. ORZATA.
Cloris Leachman ha improvvisato completamente il dialogo in cui Frau Blücher offre al Dr. Frankenstein un brandy, una buona camomilla ed un’orzata con latte, prima di ritirarsi. Il cast, ed in particolare Mel Brooks, si sono divertiti così tanto, e sono rimasti così sconvolti quando la fotografia principale è stata quasi completata, che Mel ha aggiunto altre scene pur di continuare con le riprese.
14. MEZZANOTTE.
Nei titoli di testa, l’orologio segna mezzanotte, ma la campana suona 13 volte prima che la bara del barone Von Frankenstein si apra.
15. FELDMARESCIALLO.
Il terrore suscitato nei cavalli, al solo nominare Frau Blücher, dimostrerebbe che la donna è una persona terribile e spaventosa e, secondo Gene Wilder, “solo Dio sa cosa faccia loro, quando nessuno è nei paraggi”. È stata avanzata l’idea che il nome ricordi ai cavalli un incidente nella carriera del feldmaresciallo prussiano Gebhardt von Blücher. Il cavallo di von Blücher morì, sopra di lui, nella battaglia di Ligny, prologo a quella di Waterloo, nel 1815.
16. VACCINO.
Il periodico che il dottor Frankenstein legge, mentre si trova sul treno, è The Lancet che, nel 1974, era un giornale medico di tutto rispetto. Oggi è tristemente famoso per aver pubblicato, e successivamente ritirato, un articolo mendace che collegava l’autismo nei bambini al vaccino MMR (morbillo-parotite-rosolia).
17. PRONIPOTE.
In tutto il film, Frederick viene definito nipote o pronipote di Victor Frankenstein. Tuttavia, Victor è un personaggio del 1818, anno in cui il romanzo di Mary Shelley fu pubblicato per la prima volta, cosa che renderebbe Frederick, come minimo, il suo pro-pro-pro-pronipote, negli anni ’30, periodo in cui è ambientato Frankenstein Junior.
18. ORSON.
La sequenza iniziale del film, con il Castello e la cinepresa che si avvicina lentamente ad una finestra con una luce accesa, è un tributo all’inizio di Quarto Potere, film di Orson Welles del 1941.
19. RITZ.
Il brano che Frederick e la scoordinata e stonata Creatura cantano sul palco, si intitola Puttin’ on the Ritz. La canzone fu scritta nel 1927 da Irving Berlin, e cantata da Harry Richman. Ma la versione parodiata in Frankenstein Junior è quella del 1946, con un testo riveduto, per essere interpretata da Fred Astaire in Cieli Azzurri (1946). La versione originale conteneva alcuni riferimenti razzisti, eliminati successivamente. “Puttin’on the Ritz” è una frase che, in slang, significa mettersi in ghingheri, con pantaloni stirati, scarpe lucidate e, possibilmente, un cappello. Come si usa fare quando si va al Ritz, il famoso albergo di lusso. E quindi “indossare il Ritz”.
20. ADATTAMENTO.
Si diceva del doppiaggio che ha saputo restituire la comicità originale della pellicola. È più corretto parlare di geniale adattamento, per premiare lo sforzo di Mario Cidda (noto come Mario Maldesi), direttore del doppiaggio e dialoghista per la versione italiana. Uno splendido esempio è il dialogo tra Frederick ed Igor, circa il lupo ed il Castello:
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Inga: Lupo ulula…
Dr. Frankenstein: Lupo “ululà”?
Igor: Là.
Dr. Frankenstein: Cosa?
Igor: Lupo ululà e castello ululì.
Frederick: Ma come diavolo parli?
Igor: È lei che ha incominciato!
Frederick: No, non è vero!
Igor: Non insisto, è lei il padrone!
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in originale il dialogo è il seguente:
– Werewolf [lupo mannaro]
– Where wolf? [dove lupo?]
– There. [là]
– What? [cosa?]
– There wolf. There castle. [là lupo. là castello]
– Why are you talking that way? [perchè parli in quel modo?]
– I thought you wanted to. [pensavo lo volesse lei]
– No, I don’t want to. [no, io non voglio]
– Suit yourself, I’m easy. [come le pare, io sono a posto]