M – Il mostro di Düsseldorf
M – Il mostro di Düsseldorf è un capolavoro diretto da Fritz Lang nel 1931, che si distingue come una delle opere più influenti del cinema espressionista tedesco e del genere thriller psicologico. Lang, conosciuto per la sua meticolosità e visione innovativa, utilizza in questo film un linguaggio visivo potente che sfrutta sapientemente luci ed ombre per creare un’atmosfera di tensione e di terrore. La sceneggiatura, scritta da Lang e da Thea von Harbou, è caratterizzata da dialoghi incisivi ed una narrazione serrata, che rivela in modo efficace i conflitti interni dei personaggi e le dinamiche sociali della città. La fotografia, curata da Fritz Arno Wagner, è straordinaria. Il bianco e nero viene utilizzato per accentuare i contrasti di luce ed ombra, creando un’atmosfera inquietante che sottolinea la natura oscura della storia. Le inquadrature angolate e le prospettive distorte sono elementi tipici dello stile espressionista e contribuiscono a mettere lo spettatore a disagio, immergendolo nell’angoscia della caccia all’assassino. Uno degli aspetti più innovativi della pellicola è l’uso del suono. Essendo uno dei primi film sonori, Lang sperimenta effetti sonori e silenzi per creare suspense. Il motivo fischiettato da Hans Beckert, un frammento di “In the Hall of the Mountain King” di Edvard Grieg, diventa una sorta di firma sinistra del killer, aumentando il senso di minaccia. In questo film, il suono non è semplicemente un complemento alla narrazione visiva, ma una componente integrale della tensione emotiva. Il montaggio è ritmicamente preciso e contribuisce in modo significativo alla costruzione della suspense. Lang utilizza il montaggio parallelo per mostrare le operazioni della polizia e dei criminali in simultanea, evidenziando il crescente panico e la frenesia della città. Questa tecnica crea un senso di urgenza ed inevitabilità, coinvolgendo emotivamente lo spettatore. Quanto alla recitazione, che dire se non che Peter Lorre nel ruolo di Hans Beckert è magistrale: il suo ritratto del mostro è allo stesso tempo patetico e terrificante. Lorre riesce a trasmettere la complessità del personaggio, mostrando sia la sua disperazione che la sua malvagità. Anche gli altri attori del cast offrono interpretazioni solide, contribuendo alla credibilità ed all’intensità del film. “M” esplora temi complessi come la giustizia, la follia, la paura collettiva e la natura del male. Riflette le tensioni sociali della Germania di Weimar, mostrando una società sull’orlo del collasso morale e istituzionale. La caccia all’assassino diventa una metafora della caccia alle streghe e delle misure estreme che una società può adottare quando è in preda al panico. Questo film ha avuto un’enorme influenza sul cinema successivo, in particolare sul genere thriller e sul cinema noir. Spesso citato come uno dei primi esempi di thriller psicologico, M – Il mostro di Düsseldorf ha anticipato molte delle convenzioni e delle tecniche che sarebbero diventate standard di genere. La sua esplorazione della psicologia del killer e l’uso innovativo del suono e della luce continuano ad essere studiati ed ammirati. In conclusione, il film di Lang è un capolavoro del cinema che combina una regia visionaria, una fotografia evocativa ed un uso pionieristico del suono per creare un’esperienza cinematografica indimenticabile. La sua capacità di esplorare temi profondi e universali attraverso una narrazione tesa e coinvolgente lo rende un film che continua ad essere rilevante e influente tutt’oggi.
Trama – fonte: www.comingsoon.it
M, il mostro di Dusseldorf, diretto da nel 1931 da Fritz Lang è considerato uno dei capolavori del cinema espressionista tedesco, un thriller/noir che si può definire come un precursore di quello che sarà un vero e proprio genere: il film sui serial killer. La storia è ispirata a vicende realmente accadute, ambientata in Germania negli anni ’20 nella città di Dussendolf, dove si aggira una psicopatico, Hans Beckert (Peter Lorre), che semina il terrore e lo sconcerto: ha adescato, catturato, violentato e infine ucciso otto bambine. La polizia è sotto pressione e brancola nel buio, l’assassino sembra ogni volta volatilizzarsi. Nonostante le retate, i pattugliamenti, i ferrei controlli nelle strade di Dusseldorf, che mettono in agitazione tutta la rete criminale del territorio, il “mostro” è inafferrabile, non lascia tracce e non ci sono indizi. Ma quando viene ritrovata l’ennesima piccola vittima, la città si ribella e perfino la criminalità organizzata, anche solo per levarsi di torno la polizia, collabora alla ricerca dell’efferato criminale. Come una rete, occhi e orecchie dei ladri, delle prostitute, dei delinquenti di strada, si diramano e s’infiltrano nei più reconditi angoli della città. È così che salta fuori un indizio: “il mostro”, come un serpente prima di colpire, sibila canticchiando un inquietante e macabro motivo. La caccia, costruita su quella tenue traccia, si scatena. L’assassino, individuato da un venditore di palloncini, e da lui marchiato sulla schiena con una grossa M (morder/assassino), è ormai riconoscibile da tutti e cerca disperatamente di nascondersi. L’epilogo ci rende spettatori dell’eterno contrasto tra giustizia ufficiale e giustizia privata.
Cast – fonte: www.comingsoon.it
Trailer
Riconoscimenti – fonte: https://it.wikipedia.org/
Nel 1933 è stato indicato tra i migliori film stranieri dell’anno dal National Board of Review of Motion Pictures.
Curiosità – fonte: scarletboulevard.com
1. Il titolo “M” è l’abbreviazione di Mörder, la parola tedesca che significa Assassino.
2. Per il soggetto del film, Fritz Lang e sua moglie Thea von Harbou, con la quale firma la sceneggiatura, trassero spunto da un fatto di cronaca nera letto su un quotidiano.
3. Grazie a thriller di culto come Il dottor Mabuse (1922), Lang si era fatto amici influenti nella polizia berlinese ed è stato in grado di sfruttare i suoi contatti, in particolare con la omicidi, per prepararsi in modo rigoroso al film.
4. Per girarlo, Lang e sua moglie compirono ricerche agli archivi della polizia di Dusseldorf studiando con minuzia i reati. Successivamente, visitarono scene del crimine, incontrarono in prigione diversi assassini e maniaci e parlarono con gli investigatori di Scotland Yard a Londra.
5. Il regista ha trascorso, anche, otto giorni facendo ricerca sul campo presso un istituto mentale.
6. Tra i criminali incontrati durante i colloqui in prigione, il Vampiro di Dusseldorf, al secolo Peter Kurten, cui s’ispira il film. Responsabile di nove delitti tra il 13 febbraio 1913 e il 7 novembre 1929, il serial killer tedesco aveva ucciso uomini, donne, bambini per poi berne il sangue. Si era fatto denunciare dalla moglie (in modo che incassasse la taglia messa sulla sua testa) e fu condannato alla ghigliottina. Alla domanda sull’ultimo desiderio, Kürten espresse al boia: “Mi potrebbe dire se, dopo che la mia testa è stata tagliata, sarò ancora capace di sentire, almeno per un brevissimo attimo, il suono del mio sangue che sgorga dal ceppo del mio collo?” e dopo un attimo di pausa aggiunse: “ciò sarebbe per me il piacere di tutti i piaceri”.
7. Prima di diventare l’uomo più odiato del grande schermo, nel ruolo dell’infanticida Hans Beckert, Peter Lorre era noto come attore comico.
8. Il film fu sequestrato dal Partito Nazista nel 1934, che sale al potere un anno prima e questo rende M Il Mostro di Dusseldorf irreperibile fino al 1947, restaurato dallo stesso Lang.
9. A differenza di Hitler, Joseph Goebbels adorava il film, definendolo: “fantastico, privo di falsi sentimenti umanitari”.
10. Fu girato in appena 6 settimane, da gennaio a marzo 1931.
11. Le scene di massa furono girate in un hangar per dirigibili allora inutilizzato, presso l’aeroporto di Berlino-Staaken.
12. Al suo primo film parlato, il regista utilizza magistralmente la tecnica del sonoro come “contrappunto e complemento all’immagine”: una parola o una frase possono introdurre nuove scene, oppure anticipare allo spettatore il corso degli eventi. Ad esempio, la scoperta dell’identità del mostro è legata al motivetto che questo fischietta sempre.
13. La melodia che fischietta il ripugnante Hans Beckert è “Nell’antro del re della montagna” (il tema del IV movimento della suite Peer Gynt op. 46 di Edvard Grieg).
14. Peter Lorre non sapeva fischiare, fu Fritz Lang a zufolare il motivetto.
15. Epici i maltrattamenti che Lang riservò al protagonista Peter Lorre, come quello di scaraventarlo giù dalle scale della cantina, più volte. Quando, 23 anni dopo, il regista propose all’attore di lavorare ancora con lui ne La Bestia Umana, questi rifiutò seccamente.
16. Entrambi ebrei, Peter Lorre e Fritz Lang fuggirono alla Germania nazista: il primo poco dopo l’uscita del film e il regista due anni più tardi.
17. Fritz Lang affermò di aver ingaggiato veri criminali per la scena finale del film. Secondo il biografo Paul Jensen, 24 membri del cast furono arrestati durante le riprese.
18. Contrariamente alla credenza popolare, Fritz Lang non ha cambiato il titolo da “Gli assassini sono tra noi” a “M” per il timore di persecuzioni naziste. Lo sostituì durante le riprese, influenzato dalla scena in cui uno dei criminali scrive la lettera sulla sua mano.
19. Il film segna l’ultima collaborazione tra Fritz Lang e Thea von Harbou: Lang concluse il rapporto personale e professionale con la donna a metà produzione de Il testamento del dottor Mabuse (1933). Nel 1920, Lang e Harbou scrissero la prima sceneggiatura insieme: Das indische Grabmal (la cui traduzione in italiano è Misteri d’India). Nel 1922, la sposò avviando un fruttuoso sodalizio professionale che culminò in Metropolis. Nel 1932, un anno prima che Adolf Hitler salisse al potere, Thea von Harbou entrò a far parte del Partito Nazional Socialista contribuendo alla separazione da Fritz Lang, che non condivideva le idee del partito. La coppia divorziò nel 1933 e Lang lasciò la Germania per stabilirsi a Parigi l’anno dopo, quando il suo ultimo film, Il testamento del dottor Mabuse, fu dichiarato illegale dai nazisti perché critico nei confronti della loro ideologia.
20. Oggi, a 40 anni dalla morte di Fritz Lang, un film girato dal tedesco Gordian Maugg (insieme al giornalista Alexander Hausser e al criminologo Ernst Gennat) ripercorre gli anni berlinesi del cineasta azzardando l’ipotesi-shock che questi fosse un serial killer e che vivesse all’ombra dell’alter ego, Hans Beckert.