Monty Python e il Sacro Graal
Il 1974 è una data triste per i fan dei Monty Python, in quanto è l’anno in cui il Flying Circus decide di chiudere i battenti. Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones e Michael Palin a distanza di un anno da quella data, fanno trapelare di essere alla ricerca di nuove forme espressive che diano libero sfogo al loro estro comico. Il ritorno al cinema è la strada intrapresa, ma con la novità di portare sul grande schermo il loro primo lungometraggio. Il risultato ottenuto è stato un successo clamoroso anche in rapporto al budget investito ed alle fortuite caratteristiche risultate vincenti, come una regia affidata a Gilliam e Jones per il semplice fatto che nessuno dei rimanenti Python se l’è sentita, o il simulare il galoppo dei cavalli con lo stratagemma delle noci di cocco in quanto troppo costoso l’uso di veri cavalli. E poi il finale, brillantemente brusco e motivato anch’esso dalla mancanza di fondi necessaria a soddisfare l’ironia dei Python, ovvero ambientare la chiusura del film nel celebre centro commerciale londinese Harrods. I Python conservano il loro marchio di fabbrica televisivo anche negli sketch utilizzati nel film, in cui combinano grande erudizione e stupidità allo stato puro, dando vita ad una perfetta comicità pensata in ogni sfumatura: dalle battute scatologiche si passa alle disquisizioni filosofiche sulla migrazione degli uccelli, alle gag linguistiche sulla lingua francese, allo scrivere i titoli di testa in finto norvegese, alla possibilità, nella versione DVD, di vedere il film con l’opzione “sottotitoli per chi non apprezza il film“, consistenti nel testo dell’Enrico IV – parte 2 di William Shakespeare. In soldoni, la comicità dei Monty Python è sempre meravigliosamente strutturata da qualsiasi punto di vista la si osservi. In un medioevo volutamente ridicolo, uno stoico Artù (interpretato da Graham Chapman) è la figura seriosa intorno alla quale gravitano tutti gli altri personaggi dipinti volutamente comici e grotteschi, in cui spicca un Terry Gilliam in un ruolo altamente autoironico, oltre all’essere uno straordinario responsabile delle animazioni. Il ritmo sfrenato e concitato che conferma una struttura più apertamente cinematografica, rispetto alla formula a sketch usata in tv o nel film precedente, non disturba il voluto caos che guida quella deliziosa sensazione di sregolatezza, marchio di fabbrica dei Python, in cui nulla è ciò che sembra e che fa sì, ancora oggi, che Monty Python e il Sacro Graal domini le classifiche delle pellicole più spassose di tutti i tempi.
Trama – fonte: www.comingsoon.it
Monty Python e la ricerca del Santo Graal è un film del 1975 diretto da Terry Jonas e Terry Gilliam, entrambi alla prima esperienza con un lungometraggio. Il film è liberamente ispirato alle leggende del ciclo bretone, in particolare quella di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Siamo in Inghilterra nell’anno 1193, il mitico Re Artù (Graham Chapman) vuole concretizzare il suo sogno: riunire intorno a una tavola rotonda dei fieri e valorosi cavalieri. Li cerca ovunque accompagnato dal suo fido scudiero Patsy (Terry Gilliam) e alla fine riesce a scovare un nutrito gruppo di ardimentosi tra i quali il leggendario Lancillotto (John Cleese) e Galahad (Michael Palin). Sembrerebbe che finalmente Artù possa sedersi con i suoi cavalieri intorno al suo agognato tavolo, ma riceve da Dio in persona il compito di trovare il Santo Graal, la coppa sacra con la quale Gesù celebrò l’ultima cena e dove, in seguito fu raccolto il sangue di Cristo dopo la sua morte. Comincia così la difficile missione dei nostri eroi, che dovranno vedersela col maghi pazzi, streghe, giganti e con alcuni esilaranti personaggi che incontreranno lungo il loro cammino. Quando finalmente sembra vicino il ritrovamento del Santo Graal, però, il gruppo dovrà affrontare un’ultima durissima prova…
Cast – fonte: www.comingsoon.it
Trailer
Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it
Nessun riconoscimento degno di nota.
Curiosità – fonte: movieplayer.it
1 – Destrieri surreali.
Nonostante l’ambientazione medievale, in tutto il film si vede un cavallo solo per una brevissima sequenza. Nel resto della pellicola le cavalcature sono sostituite dal vecchio espediente radiofonico delle noci di cocco, estremamente economico e conveniente, anche perché, usando i cavalli, tutto il cast avrebbe avuto bisogno di dispendiose lezioni di equitazione.
2 – Chapman e la bottiglia.
Il problema di alcolismo di Graham Chapman disturbò notevolmente la lavorazione di Monty Python e il Sacro Graal. L’attore si stava curando, ma capitò diverse volte sul set completamente ubriaco: Terry Gilliam ha raccontato che, nella scena del Ponte della Morte, non riusciva ad arrivare in piedi alla fine del ponte e dovette essere sostituito da un aiuto regista.
3 – Il Graal nel cuore di Londra.
In una prima stesura della sceneggiatura, Artù e i suoi cavalieri trovavano il Sacro Graal nei celebri grandi magazzini di Harrod’s, a Londra.
4 – The Dark Side of the Sponsor.
Il film fu in parte finanziato grazie alle vendite dell’album dei Pink Floyd “The Dark Side of the Moon“; i quattro Floyd erano grandi fan dei Monty Python, e spesso interrompevano le sessioni di registrazione per vedere il loro show televisivo, “The Flying Circus“.